Monte Rosa

Il Monte Rosa è la “Big Mountain” della mia terra, un maestoso massiccio che si erge a cavallo di tre vallate, tre province e due stati. Per me, è molto più di una montagna: ai suoi piedi ho imparato a sciare, vissuto avventure indimenticabili con amici, solcato le sue nevi con gli sci, scalato le rocce levigate dai suoi ghiacciai e camminato lungo i sentieri che ne coronano i fianchi. Mi sono riposato sui prati che si affacciano sulle sue pareti, segnate da grandi seracchi, e lì ho conosciuto persone, stretto amicizie, ascoltato storie e leggende locali. Questa montagna ha lasciato un’impronta indelebile nella mia vita.

Raggiungere la sua vetta, con le sue cime oltre i 4000 metri perennemente innevate, resta uno dei miei sogni più grandi, ma il fascino che esercita su di me è già sufficiente. La sua bellezza—i ghiacciai scintillanti, i laghetti alpini che ne riflettono le forme—è una gioia per gli occhi e, perché no, anche per una fotocamera. Eppure, ciò che rende il Monte Rosa davvero unico è il suo nome, legato a un fenomeno che si ripete ogni alba.

Anche se l’ho visto infinite volte, la magia di quei pochi istanti mi cattura ancora. Al sorgere del sole, la parete est—che ricorda un versante himalayano—si tinge di rosa, un’esplosione di colore che accende vallette e anfratti in un mosaico di rosa e blu crepuscolare, raro e straordinario. Non serve scalarlo per ammirarlo: dalle pianure novaresi, dalle prealpi varesine o dalle alture del Vergante, il Monte Rosa si staglia maestoso, incastonato in un contesto che ne esalta la mole imponente e quel colore fugace che lo rende leggendario. Una vista da cogliere almeno una volta nella vita.sto

it_IT