Ogni anno, tra aprile e maggio, le risaie della bassa novarese e del vercellese si trasformano in immense distese d’acqua, specchi che riflettono il cielo e tutto ciò che le circonda. È un evento pittoresco, quasi magico, che attira fotografi e curiosi. Quest’anno, le piogge abbondanti—che hanno causato non pochi danni e preoccupazioni nella zona—hanno allagato i campi in anticipo, creando condizioni perfette per chi, come me, ama catturare la bellezza di questi paesaggi. Tra questi luoghi, il Principato di Lucedio, un antico complesso sperduto tra le risaie, è diventato il mio obiettivo fotografico.
Scoprire posti nuovi è il cuore della mia passione per la fotografia. A volte passo ore su Google Maps o sui social a cercare ispirazione, altre volte è il caso a guidarmi. Nel maggio 2024, tornando da un viaggio di lavoro a Torino, ho sbagliato strada, ignorando volutamente il navigatore. Non avevo fretta: l’idea di perdermi nella calma della pianura Padana, lontano dalla frenesia dell’autostrada, mi attirava. Dopo qualche chilometro, un cartello ha catturato la mia attenzione: Principato di Lucedio. Mi sono fermato davanti a un edificio di mattoni rossi con un campanile che svettava in mezzo al nulla, circondato da risaie a perdita d’occhio. In quel momento, ho immaginato come sarebbe stato fotografarlo con le risaie allagate, riflettendo il cielo al tramonto. Una rapida ricerca online mi ha mostrato scatti mozzafiato di altri fotografi, insieme a una storia intrigante che mescola esoterismo e fatti storici: leggende di monaci, misteri e eventi oscuri accaduti secoli fa. Questo ha reso il luogo ancora più affascinante ai miei occhi.
Nei mesi successivi, sono tornato più volte a Lucedio per studiare il posto. Ho percorso i sentieri circostanti, cercando di capire quali fossero i punti migliori per scattare, gli orari ideali per la luce e, soprattutto, come muovermi senza disturbare il lavoro dei risicoltori. Ogni visita mi mostrava un lato diverso: a volte il cielo era limpido e terso, altre volte nuvoloso, e questo cambiava completamente l’atmosfera del luogo. Ho preso appunti, segnato posizioni su una mappa e pianificato il mio progetto: volevo catturare il Principato riflesso nelle risaie al tramonto, con quella luce calda e dorata che accende i mattoni rossi e crea un contrasto perfetto con l’acqua.
Ad aprile 2025, un amico fotografo mi manda un messaggio: stanno allagando le risaie. Senza pensarci due volte, parto. Non controllo il meteo, non verifico quali campi siano effettivamente allagati: sono accecato dall’entusiasmo, come una falena attirata dalla luce. Arrivo sul posto, ma le risaie sono asciutte, con i trattori al lavoro per preparare il terreno. Delusione. Faccio comunque qualche scatto di prova, per testare le angolazioni e le idee che avevo in mente. Non è quello che speravo, ma essere lì mi dà comunque una soddisfazione. Mentre scatto, un agricoltore su un trattore passa e mi saluta, incuriosito. Ci scambiamo due parole: mi racconta che le risaie verranno allagate presto, e questo mi dà speranza.
Passano altre settimane, e il meteo sembra fare di tutto per ostacolarmi: piogge torrenziali, freddo pungente, giornate grigie. Perdendo tempo sui social, scopro finalmente che le risaie di Lucedio sono allagate. Ora il problema è il tempo: passo giorni a controllare i bollettini meteo, aspettando condizioni ideali. Più piove, più le risaie si riempiono, ma io ho bisogno di un tramonto perfetto per il mio scatto. Finalmente, un sabato, le previsioni sono impeccabili: cielo sereno, luce calda, niente vento. È il momento che aspettavo. Parto, ma durante il viaggio un pensiero mi assale: e se le risaie fossero asciutte? Alcune zone vicine, lungo la strada, sono già state seminate con varietà che non richiedono acqua. Spero con tutto me stesso che i social non mi abbiano ingannato.
Arrivo a Lucedio e resto senza fiato: l’edificio si specchia nelle acque, più bello di quanto avessi immaginato. I mattoni rossi brillano sotto la luce del tramonto, e il riflesso nell’acqua è limpido, quasi perfetto. Non sono solo—ci sono altri fotografi che si aggirano con treppiedi e attrezzature—ma io ho un vantaggio: so esattamente dove andare. Ho già studiato i sentieri, so quale ottica usare (un grandangolo da 16 mm per catturare l’intera scena), e ho un’idea precisa dell’orario. Mi posiziono, respiro profondamente e scatto. Dopo il primo click, mi fermo: davanti a me c’è la scena che sognavo da mesi. Continuo a fotografare, provando qualche variazione, ma sono sopraffatto dall’emozione. Tutto è troppo bello per ragionare freddamente con impostazioni e GPS. Alzo lo sguardo dal mirino: il crepuscolo sta calando, il cielo si tinge di arancione e viola, e intorno a me si sentono solo il gracidare delle rane e il ronzio degli insetti. È uno spettacolo breve ma intenso, durato il tempo necessario per catturare l’immagine che avevo in mente. Per la prima volta, riguardando le foto sul display della macchina, sono orgoglioso di ciò che ho realizzato.







